Finalmente una pubblicazione sincera sulla vita, il pensiero e le opere del massimo ceramista del '900, Giuseppe Macedonio attraverso i suoi stessi appunti.
Nasce così...
Il giorno 22 Giugno 2016, alle ore 18,00, presso la libreria Mooks-Mondadori, Vomero, Napoli, Eugenio Macedonio con il supporto intellettuale di Franco Lista, Gaetano Evangelista, Greta e Barbara Macedonio, presenta :
IL GRANDE LIBRO SU GIUSEPPE MACEDONIO, DAGLI APPUNTI DEL MASSIMO CERAMISTA DEL '900, VIAGGIO ATTRAVERSO LA SUA MEMORIA E LE OPERE.
L‟espressione del pensiero di Giuseppe Macedonio ceramista, riportato dalla penna del figlio Eugenio secondo quanto egli stesso dettò e arricchito da comuni ricordi.
La pubblicazione edita nel Marzo 2016 ha poco meno di ottocento pagine, illustrate da più di quattrocentosettanta fotografie di sue opere.
La pubblicazione edita nel Marzo 2016 ha poco meno di ottocento pagine, illustrate da più di quattrocentosettanta fotografie di sue opere.
Un panorama intellettuale che ora agisce come “antibiotico” verso quanto di erroneo, falso, impreciso fino al truffaldino, con molta faciloneria è stato fino a ora pubblicato.
Non è un catalogo, tanto meno un memoriale, ma l‟espressione stessa del suo pensiero, in cui finalmente lo studioso potrà ritrovare un percorso non solo chiaro ma reale e veritiero.
L‟opera non è in vendita, lontano da scopi commerciali, la sua efficacia è dare in modo corretto il significato filosofico della sua Arte alla storia.
La tiratura bibliografica di soli trenta esemplari numerati e firmati, è destinata a Biblioteche, Musei, Enti e Istituti di Cultura nel mondo, dove per sua natura e scopo, deve risiedere… soddisfacendo finalmente il desiderio molti, lontano da scopi commerciali, mentre offre al mondo il suo corretto pensiero…
La tiratura bibliografica di soli trenta esemplari numerati e firmati, è destinata a Biblioteche, Musei, Enti e Istituti di Cultura nel mondo, dove per sua natura e scopo, deve risiedere… soddisfacendo finalmente il desiderio molti, lontano da scopi commerciali, mentre offre al mondo il suo corretto pensiero…
Il grande libro...può essere richiesto attraverso il circuito dello ‟Istituto Centrale per il catalogo unico delle biblioteche italiane e per le informazioni bibliografiche", appena l'opera sarà disponibile al pubblico, anche se già una copia da prestito è disponibile presso lo stesso autore.
Gli argomenti contenuti precedono la nascita dell'Artista, superando il primo decennio del nuovo millennio, con la cronaca del dopo Macedonio riportata da suo figlio Eugenio: unica memoria storica attendibile, finita che fu la Moglie dello stesso Macedonio che riporta gli eventi accorsi dopo la sua scomparsa, attraverso una cronaca schietta e veritiera, completando così il contenuto filologico dell'opera senza inquinamenti intellettuali.
Dove potevo, ai significati filosofici delle opere dettatomi da mio padre, ho integrato comuni ricordi, affiancando le descrizioni delle opere da quanto esprime il Codice Macedonio, strumento intellettuale, inserito nella pubblicazione che risponde senza condizionamenti o inquinamenti.
In questo modo si è ancor più certi di quanto è riportato, anche se in coscienza, anticipo che la cosa non piacerà a molti, fuoriuscendo da quei canoni borghesi e perbenisti che non permettono di esprimersi schiettamente ma solo di esprimere un pensiero d'abitudine ambiguo.
Non è questo il caso, il pensiero di Giuseppe Macedonio e i Fatti limitrofi la sua esistenza, sono riportati attraverso una cronaca eticamente corretta, per donarli alla storia secondo la loro realtà oggettiva, senza subire più l'inquinamento dei tanti cantastorie.
Non è questo il caso, il pensiero di Giuseppe Macedonio e i Fatti limitrofi la sua esistenza, sono riportati attraverso una cronaca eticamente corretta, per donarli alla storia secondo la loro realtà oggettiva, senza subire più l'inquinamento dei tanti cantastorie.
così si presenta la pubblicazione.
Discorsi ufficiali di presentazione
da il "quaderno di presentazione"
AUTORE: Macedonio Eugenio.
PUBBLICAZIONE: a cura dell'autore; edito nel 2011 e distribuito gratuitamente fino a esaurimento.
DOVE SI TROVA:
Presso il Centro Studi filosofici via Monte di Dio, 14.
Presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III : IT\\ICCU\NAP\0533799.
AUTORE: Macedonio Eugenio.
PUBBLICAZIONE: a cura dell'autore; edito nel marzo 2016.
FORMATO: 785 pagine; 450 fotografie; 21 cm. con custodia ad astuccio.
DOVE SI TROVA: in attesa di presentazione
Presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III : Non ancora disponibile al pubblico.
Presso l' Istituto di Cultura Mario Melenzio, Sant'Agata de' Goti (BN)
da il "quaderno di presentazione"
Il pensiero di Franco Lista:
Peppe Macedonio Tra materia ceramica e
iterazioni orfiche e immaginative.
Se
in fase di studi critici (oggi, tempo de “L’inverno
della cultura”, per citare il prezioso volumetto di Jean Clair), ci si
esercita a sollecitare la massima attenzione del pubblico su i “numeri”, spesso
di foggia psico-circense, dell’arte contemporanea, allora possiamo ben dire che
i plastici grumi di preziosa e smagliante materia di Peppe Macedonio (Napoli,
1906-1986) sono ancora segni avvincenti di una poetica narrazione. Segni,
direi, di un’attività estetica davvero appassionante sulla quale la critica e
la storiografia artistica dovrebbero soffermarsi più a lungo e in profondità,
valutando non solo la priorità ontologica del linguaggio suo ceramico, ma anche
le interessanti correlazioni valoriali di carattere estetico-sociale, nonché le
attraenti implicazioni spaziali e architettoniche. Cose queste che, a mio
parere, costituiscono la chiave di accesso alla substantia del fare di Peppe Macedonio.
Per
il nostro artista, infatti, una placca, una formella, un pannello, un piccolo
portale di una abitazione o un grande svolgimento ceramico erano sempre
considerati “un porre in opera
incorporante di luoghi…per un possibile abitare di uomini”, come ebbe a
scrivere Heidegger per la scultura. Peppe Macedonio perseguiva davvero queste
finalità; era un artista, un pensatore, al quale non veniva mai meno il
collingwoodiano “svanire della ragione”
che spesso contrassegna l’artisticità istintiva o unicamente intuitiva. Chi lo
ha conosciuto sa bene che egli faceva filosofia, sociologia, antropologia con
la sua vita e con la sua arte, intimamente intrecciate. La sua filosofia, per
chi lo ha frequentato e non certo per
gli sprovveduti ai quali sfuggiva pure la rara singolarità del personaggio, era
aspirazione e sconfinamento in stile di vita dove la relazione estetica, non
disgiunta da quella umana e il pensiero visivo avevano un ruolo centrale nella
sua arte, tale da dar voce a tutto ciò che è muto.
Insomma,
era quel che si definisce con una locuzione consolidata da un largo uso, un
maestro di vita che con la sua arte dava voce a tutto ciò che è muto. L’aulico
e il popolare, le tradizioni forti, radicate e identitarie e l’apertura al
nuovo per Macedonio era un tutt’uno da fondere nella cristallina materialità
della grande arte ceramica. Da questa consolidata, interiorizzata
intenzionalità deriva la qualità, la densità, la profondità, la ricchezza che
Macedonio veniva plasmando e cuocendo, quasi come solidificazione del
primigenio gesto creatore. Ecco le nuove/antiche superfici che lasciano
intravedere dense sovrapposizioni di smalti delle sue figure femminili o
maschili, degli elementi vegetali, degli animali; insomma di tutto
l’inesauribile repertorio arcaico/futuribile della sua vitale fantasia.
Basterà
riferirsi a poche opere per capire lo straordinario risultato che Macedonio
consegue in un arco di tempo che va dai leggeri e delicati portalini in
ceramica degli edifici abitativi del dopoguerra fino ai complessi svolgimenti
di proporzioni ambientali. Peraltro, questa produzione decorativa fatta di
cornici e portali d’ingresso e di pannelli posti negli atri di edifici
costruiti nel dopoguerra nei quartieri collinari, oggi, a ben guardare,
costituisce una diffusa punteggiatura cromatica realizzata in svariati stilemi;
una sorta di arredo urbano che vivifica l’anonima edilizia pseudo razionalista
della città in espansione.
Macedonio
si rivela artista in grado di affrontare e risolvere opere di grande impegno
anche sotto il profilo dimensionale come accade per l’esedra della fontana
della Mostra D’Oltremare, progettata da due grandi architetti, Carlo Cocchia e
Luigi Piccinato. Due architetti che potremmo definire, per questa bella opera,
amici del verde e dell’acqua. E’ noto, peraltro, che Bernini, autore di tante
straordinarie fontane, considerava l’acqua al pari di un elemento
architettonico, definendosi per questo “amico
dell’acqua”.
Nel
contesto del verde della Mostra, la fontana col suo maestoso ed elegante
andamento digradante, affidato alle lievi pendenze laterali ha la suggestiva
conclusione proprio nel grande svolgimento ceramico dell’esedra che si staglia
sullo sfondo arboreo della retrostante collina di Monte Sant’Angelo.
E’
la splendida ripresa della grande storia, del felice connubio tra architettura
e maiolica. Penso all’ampiezza visiva degli invasi di Vanvitelli nella Reggia
di Caserta e soprattutto al settecentesco Chiostro delle Clarisse di Domenico
Antonio Vaccaro e dei ceramisti Giuseppe e Donato Massa, per il quale Roberto
Pane sottolineava la gioiosa invenzione resa dall’unitarietà tra arte
decorativa, architettura e il verde della pergola e del giardino rustico.
Peppe
Macedonio ha statura artistica tale da far fronte alla grande superficie di
mille metri quadri dell’esedra. Il vasto svolgimento ceramico è il vero focus
della fontana, laddove i lati lunghi della vasca convergono nella loro fuga,
indirizzando la percezione visiva del riguardante verso l’accensione cromatica
dell’esedra.
Al
di là del contenuto ufficiale e celebrativo dell’opera, Macedonio mette in
scena i misteriosi, ieratici ritmi dell’homo faber e della natura mediterranea;
con grande sensibilità materica procede ad una solare narrazione ove colloca una
sorta d’immaginativo, orfico adombramento dell’essenza mediterranea: un’arcadia
del reale, della vita e del lavoro nel luminoso, sereno grembo mediterraneo,
così come lo è l’intero complesso della Mostra d’Oltremare pur se oggetto di
alcune pesanti compromissioni.
Credo
che valutare criticamente l’opera di Macedonio, cercare di capirla possa
realizzarsi solo collocandosi al suo interno; cioè all’interno di quella
ineffabile mediterraneità fatta di luce, di effetti di fusione e di scambio
cromatico tra ceramica, architettura e ambiente sempre in netto contrasto con
gli azzurri del cielo. Bisogna necessariamente collocarsi all’interno di quella
“incarnazione di senso” (A. Danto) che va oltre il puro dato cromatico della
ceramica e ci costringe, ci stimola a un esercizio di nostalgica immaginazione
alla ricerca di una arcaica classicità ormai perduta per poter rinvenire un
orizzonte di senso che appartiene alla nostra vera natura.
Nel
confuso incrociarsi delle babeliche tendenze dell’arte contemporanea l’opera di
Peppe Macedonio, per tutto questo, merita una seria, storica collocazione nel
panorama dell’arte italiana. Sull’artista Macedonio il discorso critico va
necessariamente approfondito, analizzato e circostanziato ed è nostro dovere, culturale e civile, proseguire
in tale direzione.
Franco Lista
Il pensiero di Gaetano Evangelista:
Casa Macedonio,
Avevo 16 anni quando conobbi Eugenio Macedonio,
casualmente al Nevada di Via Mattia Preti, il noto locale di divertimento di
noi giovani vomeresi di quella generazione, oggi non più esistente e sostituito
da una filiale di una banca.
Eugenio studente all’Accademia di Belle Arti di
Napoli, io studente di Istituto Tecnico Industriale e del Conservatorio.
L’invito a casa sua, nell’antico nucleo storico
urbano di Antignano, fu per me occasione per una stupenda scoperta di vita
semplice e condivisa, scevra da formalismi borghesi, di gran cultura artistica
e grandi idealità. Una quantità di giovani e artisti di ogni età di arte
figurativa e non, ben accolti dal padre di Eugenio: il grande, sotto tutti gli
aspetti, Peppe Macedonio, il miglior uomo che io abbia conosciuto in vita. E
Peppe e sua moglie accoglievano tutti con grande ospitalità, affabilità e
rispetto. Molti di noi sono stati raffigurati e immortalati nelle sue opere,
tra le quali i bellissimi busti di Sasà De Benedictis, Eduardo Perna, Lalla
Panico ed i figli Roberto e Serena, ma anche in vasi, piatti e gruppi ceramici
a tutto tondo, come quello raffigurante gli artisti di strada Wolf e Cristina.
In casa Macedonio non c’era possibilità di
annoiarsi: dall’incontro con i personaggi più strani che frequentavano la casa,
alle partite a scacchi di ceramica, alle jam session musicali di ogni genere,
alle mangiate di pizze cotte, secondo la tradizione napoletana, in forno
rigorosamente a volta bombata e le sortite esterne in massa, per spedizioni
impensate per assistere a mostre artistiche, concerti o a film di horror o di
fantascienza, presso i cinematografi più economicamente accessibili. E gli
adulti, vecchi amici di Peppe, perfettamente integrati e partecipi con i
giovani.
In tutto questo trambusto di gente e giovani, Peppe
Macedonio lavorava serafico intento a
forgiare pezzi di altissima qualità per forma, colore e idea.
Io restavo affascinato a guardare la realizzazione di queste stupende opere e oggi mi sento fortunato per aver avuto l’opportunità di avere vissuto quel contesto che giudico e riconosco fantastico. Gaetano Evangelista
Io restavo affascinato a guardare la realizzazione di queste stupende opere e oggi mi sento fortunato per aver avuto l’opportunità di avere vissuto quel contesto che giudico e riconosco fantastico. Gaetano Evangelista
Il pensiero di Greta e Barbara Macedonio:
La diversa linea temporale e la nostra giovane
età, non ci ha concesso di vivere e frequentare la persona che più al mondo avremmo
voluto conoscere, nostro nonno Giuseppe Macedonio. Tuttavia come un privilegio
offerto a pochi, abbiamo la possibilità di porvi rimedio, intraprendendo un
viaggio appena iniziato, verso la comprensione e la conoscenza del suo pensiero
più intimo, con un linguaggio che va oltre le semplici parole o i gesti
quotidiani che forse non avremmo saputo cogliere appieno.
La sua
eredità, le sue opere, ci parlano e ci comunicano del suo amore profondo per la
Vita che, nonostante le avversità, e forse anche grazie ad esse, si ha modo di
apprezzare, nell'eterna ricerca di continuità con l’infinito; essere parti di
un tutto ad iniziare da un uomo, nostro nonno che, attraverso un sogno vissuto
con le mani nella creta, plasma per poi donarci una realtà in divenire.
Legate a lui con un filo invisibile che mai si
potrà spezzare, sentiamo di essere parte di quel sogno e come tale abbiamo la
responsabilità di proseguirlo con altrettanto amore…
Greta \ Barbara Macedonio
Il pensiero di Eugenio Macedonio:
Il Grande libro su Giuseppe Macedonio… è una
pubblicazione edita per affermare alla storia lo spirito di un uomo, mio padre
che nell’esprimere le sue filosofie attraverso il dipingere, volle aggiungervi
il modellare.
Settecentottantacinqe (785) pagine con più
di quattrocento (400) fotografie, la cui tiratura di soli trenta esemplari autenticati
la rende ancor più preziosa.
Il perché di questa pubblicazione è
semplice, essa finalmente spiega il pensiero di Macedonio attraverso l’arte e, nel
farlo, mette i puntini sulle “i” della storia.
Un libro cui il mondo dell’arte sentiva il
bisogno, considerando che Macedonio da giovane a difesa della sua privacy,
eresse un’impenetrabile barriera intellettiva che senza darlo a vedere,
lasciava fuori l’umanità intera; cosa che rese quasi impossibile scrivere su di
lui. Visse così nel mondo, discosto ma partecipe e osservandone lo scorrere
quotidiano coglieva spunti per le opere. Mia madre ed io stesso, vicini al suo
lavoro, fummo gli unici a conoscerlo a fondo; non fu così per mia sorella e mio
fratello che ebbero interessi differenti… figuriamoci poi gli estranei alla
famiglia.
Per questa ragione ieri, attraverso la
carta stampata, oggi attraverso l’informatica, si conosce un Macedonio snaturato
da sedicenti memorie storiche i cui riporti non vanno oltre un comune “sentito
dire”, cui si aggiunge il personale “presumere”. Espressione di un copia e
incolla intellettuale di cui il lettore, non conoscendo il vero, non può che
annuire. A questo proposito la Corte di Cassazione il 9 marzo 2006 esprime l’obbligo di esaminare, controllare e
verificare quanto è oggetto della narrativa al fine di vincere ogni dubbio, non
essendo sufficiente l’affidamento riposto in buona fede… cosa mai eseguita
da nessuno. Resta inteso, come soffuso panorama di fondo, che quanti scrissero
su Macedonio, non lo fecero per la storia ma, per illuminare i propri
interessi.
Fin dagli anni ’70 mio padre mi dettava gli
altrui errori… ne ho aggiunto altri.
Poco più di venti anni dopo la sua
scomparsa e come il solito per un personale interesse, mia sorella iniziò a
interessarsi alle opere del padre pag. 742, de: “Il grande libro…” ma, non conoscendo i fatti, richiese informazioni
di giro e senza valutarne l’esattezza, pubblica poi in internet una lista della
spesa che tutto fa tranne che spiegare Macedonio… Ecco l’importanza di questo
libro.
Finita mia madre, la signora Giuseppina
Garofalo in Macedonio, sono rimasto io soltanto al mondo a conoscere per filo e
per segno mio padre! Così per ragione o per forza mi sono assunto la
responsabilità della sua memoria: per le
sue opere, per le sue filosofie e per quant’altro compose la sua vita.
Affermo questo mio ruolo intellettuale, attraverso
il “Grande libro…” non per presunzione, se lo fosse sarebbe smontabile dai
fatti riportati dalla storia, mentre è “Il grande libro…” che smonta i tanti
falsi ideologici di chi scrisse malamente di lui. Cosa cui bisogna farsene una ragione… piaccia
o no!
Macedonio fu un faro nel mondo della
cultura attraverso la ceramica, tanto che concettualmente diede modo alle
intelligenze napoletane del dopoguerra di passare per la sua casa studio. Vi
sostò perfino il trasvolatore del polo nord, Umberto Nobile al ritorno dalla
Russia, come riporto ne: “Il grande libro…”.
La nostra era una
casa fuori dal tempo, in Antignano, cui ricorderemo tre stanze con giardino,
dove dal 1936 al 1986 un uomo dall’aspetto modesto e dall’ascetica calma,
lavorò e visse insieme alla sua famiglia, perseguendo un unico fine: creare dei
pezzi di paradiso in terra con la ceramica.
Chi visse a quel tempo, ebbe l’opportunità
di godere del giardino incantato, in cui nella bella stagione dava forma ai
suoi pensieri con l’argilla e il fuoco.
È questo il ricordo più bello che conservo
della famiglia in cui sono nato.
Dai lontani anni ’70, mio padre coadiuvato
da mia madre mi dettava i significati delle sue opere. L’intenzione era di
pubblicarli, cosa che non riuscì prima di adesso, le cui pagine non vogliono
essere un catalogo o peggio un memoriale, ma l’espressione delle sue filosofie lette
attraverso le opere.
Già in quest’assaggio si apprendono cose
mai intese, come il perché volle realizzare grandi opere per l’architettura… cosa
facile conoscendo i fatti. Da giovane Macedonio volendo dipingere e avendo
bisogno di lavorare, chiese a uno dei grandi decoratori vissuto a Napoli,
Arnaldo De Lisio se poteva fargli da mentore mentre lavorava per lui. Così, decorando
i grandi spazi architettonici e conoscendo la duttilità della ceramica fu
facile unire le due discipline creando opere da inserire nelle architetture, Pag. 32 de: “Il grande libro…”.
Chi era Macedonio… è questa una domanda
difficile, tanto che nel presentarlo alla storia e a voi, oggi attraverso
quanto egli stesso volle che scrivessi, devo per forza riferire ciò che tenne
celato, iniziando dai suoi natali, avvenuti in una famiglia di benestanti
laureati, concetto che prima e a cavallo
delle due guerre aveva una valenza molto ma molto diversa dall’odierno
significato.
Tuttavia, queste cose bene o male sono
trapelate alla storia, quel che proprio non si sa, è la singolare genia, tanto
lunga da perdersi nella notte dei tempi.
Eventi peculiari emergono, meravigliandoci,
come ad esempio, il motivo per cui nacque il sostantivo “eretico”, (avvenimento
riportato in ogni buona enciclopedia).
A questo proposito dovete sapere che Eretico
Macedonio progenitore del ceppo Macedonio visse nel terzo secolo e fu un peculiare
personaggio che negò la santità dello Spirito Santo riducendolo al grado di
angelo messaggero.
Interrogativo che fu da lui stesso portato dinanzi
al Papa…
Circostanza che dà l’idea di quanto
“potere” avesse quest’uomo, considerando che se oggi si sollevasse lo stesso
quesito, difficilmente si sarebbe ascoltati…
La Chiesa naturalmente non potè controbattere
l’astrazione, essendo un concetto teologico e non un avvenimento terreno, anche
se questo “atto di fede” compiuto da Eretico Macedonio provocò ampie fratture
nel tessuto ecclesiale.
Si vennero così a creare scuole di pensiero
tanto forti da portare l’interrogativo al Concilio di Costantinopoli tenutosi nel
381.
La Chiesa, nella sua infinita bontà, ancora
una volta poté solo prendere atto della sostanza, non avendo termini di
contrasto da contrapporre.
Tuttavia, sapendo noi per altre e più
contemporanee vie che il potere non permette mai di far vincere altri se non se
stesso, comprendiamo che quest’inalienabile principio, eloquio e scuola di vita
per la Chiesa, fu la maniera sottile e pratica di tramutare il nome dell’avo
nell’attuale significato encomiastico, trasformandolo da nome proprio di
persona: “Eretico”, in sostantivo dal diverso valore attributivo.
Fu l’unica possibilità a disposizione del
Concilio di Costantinopoli per rendere manifesto il proprio potere… disputa che
non si è mai chiusa.
In tempi più recenti, verso la fine del
1200, la storia riporta i Macedonio legati alla Corte di Svezia durante il
regnare di Re Ladislao, di cui un ramo in un ampio giro danubiano scese verso
lo stivale, stabilizzandosi precisamente nel 1308 all’ombra della corte
Angioina, durante il regno di Carlo Roberto del Casato di Napoli. Un altro ramo
dei Macedonio salì verso la Russia dove
tempo dopo, al suo posto volle un Romanoff sul trono di tutte le Russie … solo
per pigrizia… Episodi che hanno un valore familiare, considerando che verso la fine
degli anni cinquanta, i documenti araldici, furono bruciati dallo stesso
Macedonio, mio padre, durante un breve ma intenso attacco antimonarchico,
subito sedato e mai più ripetutosi, come riporto ne “Il grande libro…”.
Meno male che parte della documentazione fu
in precedenza trascritta da una
zia materna: zia Nanà, per una sua ricerca.
Da qui la certezza dei fatti i cui i documenti araldici per discendenza
attribuivano al nonno il principato di…, seguito da una sequela di nomi
dell’Europa danubiana, da tempo decaduti, anche se quanto rimaneva nel ricordo
araldico era stato bruciato.
Ricordi di famiglia fino a ora sconosciuti
ai più che pubblico soltanto per offrire un quadro di quest’artista del ‘900
napoletano, iniziando dalle origini.
Fatti, curiosità, indiscrezioni, eventi che
Macedonio stesso volle tenere nascosti, come lo svolgersi della sua stessa vita
ma che fu ugualmente scritta da quanti presumevano di conoscerne i perché
legati alle opere e a Macedonio.
Cosa che non accade ne: “Il grande libro…”,
essendo raccontato dallo stesso Macedonio e so per certo che non mentì su se
stesso… i suoi concetti in seguito furono da me arricchiti di comuni ricordi ma
senza inquinarne il pensiero.
Giuseppe Macedonio, mio padre, era tanto
saggio da apparire modesto.
Uomo equilibrato, lontano dall’effimera notorietà
salottiera, pag. 552, lo ricordo vestito con abiti confortevoli, incurante
delle mode, incredibilmente distratto perché concentrato sul modo di realizzare
intellettualmente l’opera del momento, i cui concetti, sono sotto un lucido
strato di smalto dov’è sempre possibile leggerne la complessa filosofia
descrittiva se si sa farlo. Per questa ragione, ho messo a punto con successo
un Codice, che ho chiamato “Codice Macedonio”
esso decifra il significato delle
sue opere, senza dare possibilità di contaminazione intellettuale… inserito
nella pubblicazione.
S’insinuò che Macedonio fosse un artigiano,
se pur evoluto… gli incauti non tennero conto o non conoscevano il significato
dell’espressione “Artigiano evoluto” secondo
il concetto dell’ingegner Stefano Brum, altrimenti avrebbero taciuto. Si dice
che la via per l’inferno sia lastricata
di buone intenzioni… è vero, poiché l’ingegnere negli anni cinquanta a una prima esposizione in favore degli
artigiani della ceramica, del vetro e del ferro, pronunciò un auspicio che in
seguito assunse un significato culturalmente irriguardoso.
In sintesi egli esternò due auguri, il primo
testualmente dice: “la
valorizzazione della figura dell’artigiano deve essere distinta dall’operaio
industriale e avvicinato al vero e proprio artista…” omettendo che per
volontà di Dio e della Nazione, non per colpa degli artigiani, questi provenendo
da un passato tremendamente incolto oramai dimenticato, non potevano evolversi per
“avvicinarsi alla figura dell’artista”. Ricordando che, all’epoca beata la terza
elementare era titolo di studio finito e non tutti l’avevano… tanto che per
rimediare fu istituita una trasmissione televisiva: “Non è mai troppo tardi”. Ragione per cui l’infelice
frase dell’ing. Brum assunse e mantenne il valore etico di un olocausto morale verso
gli artigiani creativi.
L’ingegnere fu
parte attiva di quella politica che indirizzava l’artigiano verso
manifestazioni volute dallo Stato nel tentativo di risollevarne le sorti, le
idee e i mercati. Era questo il motivo per cui nacquero le esposizioni artigiane,
anche se subito si provvide a svilirne il fine fino a modificarli in concorsi…
ma in realtà cosa vinceva il più bravo degli artigiani?… l’essere usato a sua
insaputa!
Tuttavia, questi
eventi ebbero un grande successo, soprattutto perché apportavano benessere agli
organizzatori che a loro volta esistevano solo per accontentare l’onorevole di
turno… Come si dice: Cicero pro domo suo o, se si vuole, organizzazioni
all’italiana, ancora oggi, in alti campi, molto sentite.
La seconda frase
dell’ingegner Brum d’interesse per queste pagine, è ne: “Il grande libro…”, per non prendere spazio, avendo voi compreso
l’antifona.
Chi in quel tempo s’interessava al mondo
della ceramica non ebbe interesse a svelare la vera faccia delle manifestazioni
pro artigiani ma anzi, le appoggiava nei propri scritti, cercando in esse possibilità
di ricavo… se pur morali. Questi eroi non ebbero interesse a mostrare cosa
avveniva del concetto artigiano, comprendendo noi che in quest’ampio pensiero
c’era anche Macedonio.
Allo stesso controverso modo si legge del
“periodo vietrese” che negli appunti di Macedonio diventa un racconto logico e
lineare di grande bellezza.
Si sfata la realtà di Macedonio e piuttosto
che attribuirgli il dovuto culturale di pittore che al dipingere aggiunse il volume
della ceramica, si tace! Di questo non si scrisse mai… Si scrisse di scultore,
di poeta, di Maiolicaro, finanche di musicista ma, mai di ceramista e tanto
meno di ceramista dalle tradizioni pittoriche. Ecco cosa dice lo stesso
Macedonio in un’intervista rilasciata al “Corriere del Vomero” nell’aprile del
1978: «Ho guardato alla ceramica come
a un fatto di antica pittura, cosicché il supporto plastico è stato un mezzo su
cui poggiare la pittura. Ed ho guardato alla pittura così come la guardavano
nel Rinascimento, come elemento di colore nella casa dell'uomo, necessario alla
fantasia»…omissis …«così come abbiamo un segno che indica la
parola, allo stesso modo abbiamo dei segni che indicano sentimenti»…
Macedonio credeva in quella democrazia
greca che rafforzata da una blanda opinione cattolica influì nel suo concetto d’uguaglianza
culturale del lavoro che infimo o di pregio, aveva per la società civile uguali
valenze, poiché l’uno non può fare a meno dell’altro… non però nella cultura. Avendo
esposto per ben due volte, a manifestazioni artigiane, una in svizzera nel
1936, e la seconda al concorso di Faenza del 1942, per pari condizioni se
invitato a mostre collettive, partecipava senza fare scelte. Era cosciente della
dannosa inutilità di questi eventi, sapendo che il loro nobile fine in favore
degli artigiani da subito si era trasformato in un’inapplicata teoria. Così i
suoi principi etici di equità democratica davano a tutte loro la stessa valenza
morale, fossero esse di carattere Nazionale, Regionale, Cittadine o ecclesiale
e accettando indifferentemente ogni invito, esprimeva nel gesto un profondo
principio democratico ed etico, scevro da ragioni politiche o ideologiche.
Le opere di Macedonio esprimendo filosofie esistenziali
davano corpo ai suoi pensieri. All’esposizione del 1950 in Napoli. ad es., una
delle opere presentate comunicava il suo dissenso verso le manifestazioni
stesse, cosa che si comprende perfino attraverso il titolo: “Pagamento del tributo,
date a Cesare quel che è di Cesare”. Vincitrice su tutte le opere esposte e che insieme
ad altre due, fu acquistata dal Brooklyn Museum di New York… con grande invidia
di chi ambiva vincere, come se l’evento fosse una gara sportiva… non capendo.
Sono queste alcune delle ragioni per cui Macedonio
non può essere considerato un artigiano, indipendentemente dal valore intellettuale
delle sue opere.
Chi scrisse senza
conoscere i fatti, tacque perfino sulle ragioni per cui nacque la società: “I due fornaciari”, connubio di Vetere e Macedonio.
Non si disse che Vetere forzò il suo
ingresso societario come “Socio di portafoglio”, sperando in un ricavo
succulento… in questo, aimè, sbagliò il tempo, per via della guerra già in atto
che chiudendo i mercati non diede modo di arricchirsi.
Non si disse che produceva solo Macedonio… anche
se a suffragio, la storia riporta che non esistono opere in ceramica di Vetere
ma solo di Macedonio se pur di solito a firma societaria.
Si tace sulla
grande disperazione di Vetere nel cercare con tenacia di recuperare a ogni
costo l’investimento fatto, come si tace sulla totale mancanza di produzioni
commerciali… è possibile che non né esiste più neanche una? Certamente sì, non essendo
mai esistite! Tuttavia si miscela il concetto artigiano alle opere uniche e ai monotipi
prodotti da Macedonio. Si omette la storia, si omette il significato della
nascita di una Società, si omette il perché due persone vollero unire gli
sforzi in un concetto comune. Ricordando che le uniche vere produzioni artigiane
de “I due fornaciari” furono i
tazzoni da caffè per la Red Cross, 1944, ’46, tornite in quel frangente da
Riparini e da Rovinolo, mentre il manico fu montato dai Pinto, come la
smaltatura e la cottura; i cui proventi servirono per restituire a Vetere
quanto aveva investito nella società e finalmente scioglierla.
Nel 1942, i mercati chiudevano e Macedonio per
bisogno, s’impiegò come disegnatore all’Alfa Romeo ma… dopo tre mesi fu
licenziato per “scarsa aderenza alle
ideologie fasciste”. Cosa che accadeva nello stesso periodo in cui riceveva
dalle mani del Duce il più ambito premio Italiano per la ceramica… di cui la
Società “i Due Fornaciari” poco c’entrava. Più di Vetere che non vedeva di buon
occhio questa perdita di tempo infruttifera, c’entrò lo scultore Mazzullo,
chiamato da Stella, Buccafusca e Cocchia, Soci del “Circolo degli Artisti” del
Vomero, per salvaguardare i loro interessi politici, non per altro.
Non si dice che Stella fu un falso ceramista,
anzi lo s’inneggia a futurista… cosa vera soltanto per il lato politico che
interessò la ceramica, i cui fatti mi furono raccontati dallo stesso Capitano
Stella al Centro Sperimentale Ceramica… Tutto riportato ne: Il grande libro…
Dai suoi diciannove anni, macedonio alla biblioteca
Nazionale studiava le innovative filosofie costruttive e da uomo eticamente
corretto scartò la Bauhaus, poiché negli
oggetti d’uso comune, questa corrente continuava un’antica tradizione in cui
l’architetto era e rimaneva (la mente) mentre l’artigiano continuava a essere (il
braccio), ripetendo l’eterno rito di “padrone
e sotto”.
Scelse a modello la gestalt, considerandola una filosofia più democraticamente aperta,
giacché offriva a chiunque ne avesse le capacità, la possibilità di disegnare
oggetti superlativi, la cui realizzazione meccanica su larga scala aveva un
costo popolare… Cosa che mancava all’oggettistica della Bauhaus.
Macedonio nacque alla via Torrione S.
Martino al Vomero, al primo piano di un dignitoso quartino il cui pianerottolo
era condiviso con un’altra famiglia i Garofalo. Dovete sapere che il bis nonno dei
Garofalo era nientemeno che il comandante delle guardie Borboniche di Palazzo
Reale. Lo fu fino alla disfatta di Francesco II di Borbone per via della
risoluzione dei debiti torinesi, adempiuti da Cavour, Garibaldi, Vittorio
Emanuele. Un classico all’italiana che abbracciò la scusa di un’unità d’Italia per
arraffare… tanto che lo stesso Vittorio Emanuele III scese fino a Teano per
farsi consegnare l’Italia, da Garibaldi… Famiglia che avrà un ruolo
fondamentale nella vita di Giuseppe.
La madre di Macedonio, la signora Eugenia
Porzio, mia nonna, di cui ne porto il nome al maschile, era casalinga, come
d’uso a quel tempo e osservando quel
momento lontano attraverso la nebbia del tempo, si può scorgere quella bella
signora che sarà mia nonna e che non ho mai conosciuto, impegnata nel parto di
Giuseppe, mio padre, ragione per non disturbarla oltre.
In quel frangente, oltre alla levatrice, fu
assistita dai vicini della porta accanto; i Garofalo.
Avendo anticipato seppur in breve vecchie
storie d’interesse, rimane ora l’oroscopo natale di Macedonio.
Giuseppe Macedonio, nasce il 25 settembre
del 1906, di segno zodiacale “Bilancia”
fu il terzogenito della famiglia, con il nome del nonno materno poiché il
primogenito portò il nome del nonno, paterno, Michele, la sorella secondogenita,
prese il nome della nonna materna,
Letizia, a Macedonio fu dato il nome del nonno materno Giuseppe.
Ho raccontato eventi poco noti o osservati secondo
la prospettiva storica di Macedonio certo che almeno lui non menta su se stesso,
conoscendo i fatti, anche se maggior soddisfazione si ricaverà dalla lettura
del libro a lui dedicato.
Sperando di non aver annoiato con questa
breve anticipazione, termino qui la presentazione di mio padre, massimo
ceramista del ‘900, sperando apra a possibilità discorsive, le uniche che
possano in parte eliminare il marciume intellettivo di quanto si è mal scritto
su Macedonio… ma altresì convinto ci sarà sempre qualcuno a falsare la storia,
secondo i propri interessi, pag. 748, de “Il grande libro…”.
In ogni caso sono fiero di aver iniziato insieme
con sempre più persone a rimuovere le altrui buone intenzioni dalla via per
l’inferno di quanti hanno contribuito a lastricarla.
Per suo padre Giuseppe, Eugenio Macedonio
I libri dalla fonte certa pubblicati su Giuseppe Macedonio .
TITOLO: ERRATA CORRIGE. Documento a corso legale per la correzione delle inesattezze riportate nel catalogo "Giuseppe Macedonio scultore Maiolicaro".
AUTORE: Macedonio Eugenio.
PUBBLICAZIONE: a cura dell'autore; edito nel 2011 e distribuito gratuitamente fino a esaurimento.
FORMATO: 80 pagine; 21 cm.
DOVE SI TROVA:
Presso l'autore, eumacedonio@libero.it.
Presso La Sovrintendenza speciale per il patrimonio storico, artistico e etnoantropologico.
Presso il Brooklyn Museum, New York, U.S.A.
Presso il Centro Studi filosofici via Monte di Dio, 14.
Presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III : IT\\ICCU\NAP\0533799.
TITOLO: Il grande libro su Giuseppe Macedonio, dagli appunti del massimo ceramista del '900, viaggio attraverso la sua memoria e le opere.
AUTORE: Macedonio Eugenio.
PUBBLICAZIONE: a cura dell'autore; edito nel marzo 2016.
FORMATO: 785 pagine; 450 fotografie; 21 cm. con custodia ad astuccio.
DOVE SI TROVA: in attesa di presentazione
Presso l'autore, eumacedonio@libero.it.
Presso la Biblioteca Nazionale Vittorio Emanuele III : Non ancora disponibile al pubblico.
Presso l' Istituto di Cultura Mario Melenzio, Sant'Agata de' Goti (BN)
Collocazione M738 (6).