Alcuni esempi di ceramiche inserite nelle architettura, le cui dimensioni e la manifestazione filosofica del racconto dato dalle immagini pittoriche e di sbalzo le rendono ragione intellettuale di questo artista del ‘900.
Macedonio al lavoro nel giardino incantato |
Da "Il grande libro... La casa fuori dal tempo e le opere perdute.
Dove si disquisisce sulla sua casa
studio
Concettualmente, il mondo della cultura napoletana del
dopoguerra passò per casa Macedonio. Perfino il trasvolatore del polo nord,
Umberto Nobile, vi sostò.
Una casa fuori dal tempo, cui ricorderemo tre stanze con
giardino, dove dal 1936 al 1986 un uomo dall’aspetto modesto e dall’ascetica
calma, lavorò e visse insieme alla sua famiglia, sbattuto dagli eventi, senza
mai desistere, perseguendo un solo unico fine: creare dei pezzi di paradiso in
terra attraverso il suo pensiero le cui mani avevano l’abilità di trasformare
in ceramica. Chi visse in quel tempo ebbe l’opportunità di godere del giardino
incantato osservando Macedonio dar forma ai suoi pensieri attraverso
l’argilla e il fuoco.
È il ricordo più bello che conservo della famiglia in cui
sono nato ...
Quadro astrale di Giuseppe Macedonio |
1946, Particolare prima opera, via A. Falcone, Napoli. |
1948, fontana in un androne in via M. Fiore.
Da "Il grande libro... La Ceramica, questa sconosciuta.
Dove si fa la differenza per concetto tra
ceramica, pittura e scultura.
Mi
sono sempre chiesto se c’è qualcuno che realmente conosce la differenza che
intercorre tra la ceramica e le altre arti. Non le tecniche, palesemente
diverse tra loro, quanto il modo razionale d’intenderle intellettualmente.
Tutti
sanno che ogni espressione dello spirito prima di essere materialmente
realizzata ha bisogno di un tema che in genere nasce da un’ispirazione e
secondo la materia scelta, di uno spazio in cui concepirla. La pittura, ad
esempio, avrà bisogno di uno spazio delimitato, una tela, l’interno di una
cupola, un medaglione, non fa differenza.
La
scultura adopererà uno spazio inteso come una serie di volumi per creare la
forma e la dimensione sviluppando l’immagine dell’opera.
La
ceramica e volendo essere pignoli, anche la porcellana, il gres, la terraglia,
hanno invece bisogno di un’ideazione alquanto più complessa, poiché nel momento
stesso in cui si concepisce l’idea, bisogna pensarla come forma, spessore e
colore insieme, quindi né volume, come per la scultura, né spazio delimitato,
come per la pittura. È qui, nel concepimento dell’opera che risiede la differenza
intellettuale.
Senza
la scelta di una forma concomitante l’ispirazione, in cui vi è lo spessore e la
colorazione del più piccolo dettaglio, non si potrà realizzare un oggetto di
ceramica.
Non
si commetta l’errore di pensare alla ceramica, intendendola come volume o come
spazio adatto ad accogliere la pittura. Niente di tutto ciò! Sarà la forma a
darle quelle possibilità che la pittura o la scultura per definizione non
possiedono.
Se
si sceglie di creare in ceramica un oggetto semplice, ad esempio una tazzina da
caffè, nello stesso momento cui ci saremo ispirati, avremo già scelto
intellettivamente la sua forma che potrà essere classica, moderna, barocca,
funzionale, futuristica, astratta, pensando al colore da darle, al suo
spessore, tutto concomitante l’ispirazione.
Come
dire, è la stessa differenza che intercorre tra il volo di un aereo e di un
elicottero, entrambi si sostengono in aria ma l’aereo si sostiene grazie alla
propria velocità, mentre l’elicottero può avere infinite scelte, anche se entrambi
volano.
Cosicché
ispirati a realizzare un qualsivoglia oggetto di ceramica, terraglia, gres,
porcellana, con gli occhi della mente, bisognerà pensarla nel suo insieme,
forma, spessore, colore, tipo di lucido anche se è uno spazio piano ma, non pensarla come
una scultura, intesa secondo un volume, oppure come una pittura, anche se contiene entrambe queste possibilità.
La
mancanza di questo concetto razionale, non né permetterà il concepimento come ceramica, terraglia, gres ma… solo come scultura dipinta, cosa notoriamente diversa. Il ceramista poi,
anche quando dipinge l’opera, vede il colore con gli occhi della fantasia, non realmente poiché gli ossidi o i biossidi adoperati possiedono una colorazione differente
dal prodotto finito.
La
complessità della ceramica quindi, comincia dal suo concepimento, terminando
con la fuoriuscita dalla fornace, poiché sarà il fuoco a modificarla secondo
quanto si è pensato, cosa questa che la rende ancor più dissimile dalle altre discipline...
UN PORTALE IN VIA L. GALDIERI-NAPOLI
|
1948, '49, via L. Galdieri Napoli, portale d'ingresso. UN PORTALE SULLA VIA M. SCHIPA-NAPOLI E LE DECORAZIONI INTERNE. |
1949, via M. Schipa, Napoli, portale, architrave e alzate di scale. |
1949, via M. Schipa, particolare del portale d'ingresso. |
1949, via M. Schipa, alzate di scale interne e battiscopa. |
1949, via M. Schipa, particolare alzata di scale interne. |
1949, via M Schipa, particolare alzate di scale. |
1949, via M. Schipa, Napoli, architrave nell'ingresso prospiciente la strada. |
Quest'opera complessa e frammezzata in più parti poste in due androni un portale e alzate di scalini esplica le origini e l'evoluzione intellettiva dell'uomo secondo due possibilità: una rappresentata sull'architrave dell'androne prospiciente via M. Schipa, espressione di una evoluzione darwiniana in cui si osserva la caccia, inteso come momento evolutivo, in cui i cacciatori sono accompagnati dalle rispettive compagne, esprimendo così oltre alla evoluzione una compagine sociale.
L'altro tema, all'androne prospiciente il giardino interno, esprime una possibilità teologica attraverso il tema "La cacciata dal paradiso terrestre", momento in cui Macedonio mostra l'evoluzione attraverso il sacrificio dei nostri progenitori, Adamo e Eva,e il loro evolversi sulla terra.
in questa doppia possibilità, sacra e profana, il portale prospiciente la strada mostra il progresso intellettuale odierno legato a quegli anni, dimostrando che in ogni caso è avvenuto.
Entrambi i temi e la visione odierna dei due concetti, l'uno profano e l'altro sacro, a loro volta legano intellettualmente alla natura attraverso le decorazioni poste alle alzate di scalini
.
1949, via M. Schipa, Napoli, androne prospiciente il giardino, La cacciata di Eva dal paradiso |
1949, via M. Schipa, la cacciata di Eva, particolare. |
1949, via M. Schipa, Adamo ed Eva, particolare |
1949, Un'opera nata da una notte di baldoria. |
1949, opera muraria L'oriente misterioso |
UNA DELLE TRE OPERE AL BROOKLYN MUSEUM-NEW YORK.
1950,Brooklyn Museum, opera muraria, "Date a Cesare quel che è di Cesare". Due esempi di industrial design realizatie per la Ditta Freda e Figli, Napoli. |
1950,coppa da tavola: Albero.
Nasce la più grande opera in ceramica del '900,
la Grande Fontana della Mostra d'Oltremare,
più di mille metri quadrati di ceramica sbalzata
Contrariamente a quanto si pensa, Macedonio lavorò da solo alla realizzazione della Grande Fontana, fruendo degli spazi e delle attrezzature della Ditta Freda ai Ponti Rossi Napoli. L'unica persona che gli fece da assistente fu la ceramista Diana franco che non intervenne nella realizzazione ma solo nel montaggio.
1950, '54, Grande Fontana Mosatra d'Oltremare Napoli - |
Da "Il grande libro...
Le arcane datazioni della Mostra d’Oltremare e
le origini della Grande fontana, 1940-2006
Le arcane datazioni della Mostra d’Oltremare e
le origini della Grande fontana, 1940-2006
Dove, attraverso un po’ di
storia, si mette ordine alle date e ai fatti.
La
“Mostra delle terre italiane d’Oltremare”, così si chiamò in principio lo
spazio espositivo inaugurato il 9 maggio
1940 alla presenza del Re d’Italia Vittorio Emanuele III, del Commissario
Governativo, On. Vincenzo Tecchio, in rappresentanza di Mussolini e del
responsabile dell’ufficio Tecnico ing. Luigi Tocchetti.
I
lavori di questo grande parco, iniziati per fini politici e speculativi, avevano
come scopo finale la promozione di scambi commerciali con le colonie.
Il
progetto iniziò ufficiosamente nel 1936, quattro anni prima, anche se in realtà
da molto tempo prima si programmava politicamente l’evento.
L’idea
risale al pieno auge fascista e quanto si concretò, nel 1939, cioè la
progettazione dell’intera area, fu affidata allo studio dell’arch. Marcello
Canino.
Il
progetto, per sveltirne la realizzazione, fu suddiviso per settori e assegnati
a più architetti. Di nostro interesse è il progetto della Grande Fontana oltre
che del verde che la contorna, la cui realizzazione, fu affidata agli
architetti: Luigi Picanto, urbanista, e Carlo Cocchia. La Mostra delle terre italiane d’Oltremare ebbe breve vita, poiché inaugurata
il 9 maggio del ’40, vide la sua chiusura il 10 giugno 1940, allorquando Benito Mussolini leggerà la
dichiarazione di guerra, con quel che seguì.
Terminata
la guerra, in un diverso benessere, si pensò di riprendere l’intero progetto, giudicandolo
di grandi opportunità e di ampio respiro, soprattutto politico.
Fu
il motivo per risistemare il complesso, sciupato dai bombardamenti prima e dall’occupazione
dei tanti senzatetto dopo.
In
questo modo e per queste ragioni, ufficialmente il 16 aprile 1950 un’assemblea presieduta dall’ingegner Pier Luigi
Tocchetti e dagli architetti Canino, Capobianco, Cocchia, De Luca, Piccinato,
Salvatori, approvò il nuovo progetto e i piani particolareggiati, suddividendolo
secondo le specifiche dei diversi architetti.
Il
progetto, nel suo insieme, interessava una buona parte dei padiglioni
preesistenti, compresa la Grande Fontana e il suo verde, affidati agli
architetti Picanto, e Cocchia.
Nel
frattempo, essendo cambiati i tempi, la Mostra d’Oltremare cambiò veste,
chiamandosi “Ente Autonomo Mostra
d’Oltremare, e del Lavoro Italiano nel Mondo”, Ragione Sociale che per
questo progetto di rinnovo e recupero andarono gli ingenti fondi Regionali
stanziati per le aree di forte sviluppo.
La
politica pressava fortemente, affinché potesse sfruttare quanto prima il
ritorno d’immagine di un simile intervento e impaziente… non attese la
conclusione del restauro, fissando una data ufficiale per l’inaugurazione: l’8 giugno 1952.
In questa data si fecero confluire altre
manifestazioni, come per esempio l’esposizione di prodotti esteri, in
prevalenza nord africani, come anche, la prima “Mostra Triennale del Lavoro Italiano nel Mondo” che si tenne dall’8
al 23 Giugno ’52.
Il
rinnovamento architettonico non era ancora del tutto terminato quando l’on.
Luigi Einaudi, Presidente della Repubblica, inaugurò il complesso. La grande
fontana di Macedonio dovrà aspettare gli inizi del 1954. Per continuità storica,
apro una parentesi riferendo che per molti anni, tutto funzionò con apparente
perfezione; la Mostra ospitò interessanti rassegne tecnologiche e culturali oltre
alla “Fiera della Casa” e il “Nautic Sud”. Poi per via di una mancata
sostituzione del personale testé pensionato, la manutenzione diede inizio a un
lento degrado da abbandono che raggiunse la sua apoteosi negli anni ’80, con
l’accoglienza dei “terremotati” di cui dobbiamo l’incredibile scempio culturale
e di opere d’arte che da questo evento conseguì.
Fu
volutamente distrutta una preziosissima opera in ceramica realizzata dalla
ceramista Diana Franco (collaboratrice organizzativa di Macedonio per la
realizzazione della Grande Fontana), opera realizzata nel ’54 per le “Serre
Botaniche” e abbattuta scientemente, per far posto a un container a uso dei
terremotati.
La
Mostra d’Oltremare affondava sempre più in uno sfacelo senza ritegno.
Anni
dopo, grazie alla colta insistenza persuasiva di molti, tra cui, l’architetto
Eduardo Alamaro, oltre l’azione “politica” di un Comitato creato per la sua
tutela, la Dirigenza dell’Ente riuscì nell’intento preposto. Nel 1999 l’Ente Mostra si riconvertì
in Mostra d’Oltremare S.p.A., raccogliendo
in questo modo, fondi sufficienti per un nuovo restauro. La grande fontana fu riconsegnata
alla cittadinanza completamente restaurata, attraverso una festa inaugurale
tenutasi il 21 maggio 2006.
In
questa circostanza, gli eredi Macedonio si aspettavano perlomeno di ricevere un
invito all’inaugurazione, inteso come gesto etico e simbolico verso la grande
opera, gesto che sarebbe stato ovvio oltre che doveroso ma… non giunse mai.
La
strafottenza della dirigenza della Mostra d’Oltremare S.p.A, e dei loro
collaboratori, fu veramente ragguardevole. Una vergogna su cui ho inteso porre l’accento.
Con
quest’interessante appunto, termina il compendio storico sull’arcano delle date
inerenti le succedenti inaugurazioni che dal ’40, su queste pagine si
conclusero nel ’99.
1952, Mostra d'Oltremare Na,Giuseppe Macedonio e Diana Franco osservano le parti staccate di un'opera da montare. |
1950, 54 Mostra d'Oltremare Na,Grande Fontana "I due tori",immagine centrale. |
1952, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "Macedonio sovraintende il montaggio "
Quest'opera si avvale di concetti intellettuali maggiormente adoperati da Macedonio: "gli accadimenti giornalieri", filtrati attraverso le personali introspezioni, il cui connubio offre il senso dello scorrere della vita in un tutt'uno con la natura in un esistere giornaliero che mostra pecche e virtù dell'umana specie.
|
1950, 54, Mostra d'Oltrtemare Napoli, Grande Fontana, "LaCaccia", particolare |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "Gli aironi", |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana,"Il trasporto". |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "I Cerbiatti". |
1950, '54, Mostra d'Oltremare, Na. Grande Fontana, "La vendemmia". |
1950, '54,Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "La vendemmia", particolare. |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na., Grande Fontana, "Lui, lei e...l'altro". |
1950, '54, Mostra d'oltremare Na, Grande Fontana, "Il Fagocero e la Giraffa". |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na, Grande Fontana, "Una coppia di leoni". |
1950, '54, Mostra d'oltremare Na. Grande Fontana, "Alla Fontana", particolare. |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "Le tre Comari". |
1950, '54, Mostra d'Oltremare Na. Grande Fontana, "Solitudine" |
Un racconto certo dimenticato
Da "Il grande libro... Un evento poco noto sulle pompe idrauliche,
1952.
Un evento voluto dimenticare:
le pompe idrauliche della Grande Fontana.
È
una storia che ormai pochissime persone ricordano o sanno, già allora tenuta in
stretto riserbo. La conosco e la ricordo giusto perché l’ho vissuta in prima
persona, essendo presente all’accaduto e al suo protrarsi, durante il montaggio
delle ceramiche.
Mancava
qualche mese all’inaugurazione dell’8 giugno 1952, e tutti erano alacremente
intenti a terminare i loro compiti, come anche gli ingegneri provavano il
funzionamento delle pompe e l’abbinamento ai colori e al suono. In una di
queste prove, cui m’incantavo a guardare i giochi d’acqua; questa, dopo una
breve spruzzata, dapprima uscì dagli ugelli in maniera incongrua, poi smise del
tutto.
I
meccanismi automatici di sovrappressione in caso di pericolo, avrebbero
staccato i compressori dell’acqua, evitando esplosioni, ma gli ingegneri si
chiesero del perché di questa sovrappressione e soprattutto cosa otturava le
pompe?
Gli
stessi ingegneri e i tecnici addetti al pompaggio, ricontrollarono minuziosamente
il percorso dell’acqua e ogni singolo macchinario, senza spiegarsi l’accaduto.
Tutto
era apparentemente in ordine.
Un’ennesima
prova, fu fatta eliminando le sicurezze e forzando la pressione, per cercare di
sbloccare gli ugelli in apparenza liberi.
Dall’esterno,
si udì un forte rumore, un sibilo in crescendo, provenire dai compressori che
accumulavano energia senza riuscire a estinguerla, fin quando, dall’alto della
fontana, vedemmo i tecnici e gli ingegneri, riversarsi in strada, spaventati attraverso
la porticina posta alle spalle delle vasche, temendo un possibile cedimento
idraulico, rimanendo lontani, in attesa che la pressione scendesse.
Fu
una gran paura per tutti.
Seppi
più tardi che i tecnici avevano ricontrollato le pompe, i compressori, i tubi,
le valvole, un controllo generale, senza ancora trovare l’anomalia.
Poi
passarono nuovamente all’esterno, controllando gli ugelli per quanto possibile;
lavorarono immersi in almeno quaranta cm di acqua e, al controllo, apparvero
del tutto normali.
Si
riaccese l’impianto, ma l’acqua ancora non usciva. C’era da scervellarsi.
Gli
ingegneri, a questo punto, furono costretti a far smontare una pompa per
controllarne l’interno e fu solo a questo punto che si scoprì l’arcano.
L’Ente
Mostra, nottetempo, per abbellire le vasche, aveva messo in tutte una
grandissima quantità di pesci rossi, piuttosto grandicelli: erano migliaia.
La
forte aspirazione delle pompe, aspirando l’acqua, risucchiava anche le povere
bestiole che, spinte a forza nei passaggi angusti, ne avevano ostruito il
flusso.
Si
corse ai ripari, smontando e ripulendo le pompe e i diversi passaggi e per
ovviare all’inconveniente, si sistemarono delle reti di acciaio inox sulle
bocchette aspiranti della vasca, in modo da salvaguardare i pesci da
quest’orrenda fine.
A
questo punto provarono di nuovo l’impianto che lavorò più che bene per un buon
quarto d’ora dopodiché, lo zampillo lentamente si ammosciò fino a non far uscire
più nulla.
Credendo
di sapere da cosa proveniva il danno, si smontarono nuovamente le pompe, ma
queste erano pulite e libere da ogni ingombro.
A
una prova successiva, si presentò lo stesso problema, anche se questa volta i
manometri dei compressori segnalarono “vuoto”, alle pompe, cioè una totale
mancanza di acqua.
Fatto
che, girando a vuoto, portava a bruciarle i motori per l’attrito.
Tutto
fu subito spento, era nato un nuovo arcano inspiegabile, poiché questa volta le
pompe, gli ugelli e i passaggi erano liberi e, tuttavia, l’acqua non circolava
al loro interno. Si scoprì di lì a poco, casualmente, dopo un ennesimo giro
d’ispezione che la forza aspirante delle pompe, era tanto potente da creare una
forte corrente d’aspirazione nella grande vasca che questa volta non aspirava i
poveri pesci, per portarli ai compressori, ma li comprimeva direttamente sul
posto, schiacciandoli contro la rete di protezione di acciaio inox, sistemata
appositamente per la loro protezione e salvaguardia.
I
loro corpi formavano dei veri e propri tappi biologici impedendo all’acqua di
passare.
Tutto
si risolse eliminando fino all’ultimo pesce dalla vasca.
Così
la vita per gli ingegneri e gli addetti alle pompe, poté riprendere a scorrere tranquilla.
1953, inaugurazione della grande fontana, le opere in ceramica la termineranno solo l'anno successivo. OPERA DONATA AL MUSEO INTERNAZ. DEL VETRO E DELLE CERAMICHE, FAENZA. 1953, bozzetto realizzato per la grande Fontana, Mostra d'Oltremare, poi donata al Museo Internazionale per la ceramica e il vetro di Faenza, dopo aver partecipato al Concorso indetto dallo stesso Museo, 27 giugno, 12 luglio. UNA CHIESA AL PARCO LAURO-NAPOLI. 1953, fregio per la chiesa di S. M. del buon consiglio, parco Lauro Na. |
in cui Macedonio esprime le diverse possibilità e scelte nel sociale, prediligendo la possibilità di condividere la natura con gli altri suoi abitanti, anche se c'è dell'altro.
1955, Androne in un edificio in via Cimarosa, Napoli.
Tema: La scala graduata.
in cui Macedonio paragona lo stato sociale dell'umanità ad una scala graduata...
1955, Particolare dell'androne in via Cimarosa, Napoli.
DUE PORTALI IN VIA CILEA.
il tema è: Le scoperte dell'uomo.
in questo quadro Macedonio rappresenta la scoperta dei metalli e della ruota.
1955, via F. Cilea, Napoli. Palazzo delle maestre, primo androne, il tema è: La trasformazione del sapere
teorico che così diventa possibilità evolutiva nel cammino dell’uomo.
Macedonio
vede nel rinnovo generazionale l'evoluzione del sapere appreso, subito superato dal rinnovarsi.
È questa una complessa filosofia espressa da Macedonio in questo gruppo di opere con apparente semplicità, il cui aspetto esteriore, cela un ben più profondo contenuto... come si esplica nella pubblicazione.
È questa una complessa filosofia espressa da Macedonio in questo gruppo di opere con apparente semplicità, il cui aspetto esteriore, cela un ben più profondo contenuto... come si esplica nella pubblicazione.
UN'OPERA IN QUATTRO TEMPI AL PONTE DI TAPPIA-NAPOLI
1957, via Ponte di Tappia, Napoli.
Il tema che Macedonio interpreta, è: La storia sul progresso dell'umana specie.
Per realizzarla egli si pone un'unica domanda: Cosa ne sarà dell'umanità quando avrà terminato di evolversi? Per rispondere al quesito non può che allontanarsi intellettualmente dal suo tempo e descrivere attraverso le immagini quanto vede nel lontano futuro.
La risposta andrà letta in sequenza nelle quattro grandi opere poste una per facciata, a iniziare dall'opera prospiciente via Toledo, espressione di un presente a lui contemporaneo(siamo nel 1957) e proseguendo leggeremo il viaggio dell'umanità verso il suo remoto futuro in cui nell'ultimo quadro si conclude l'interrogativo posto.
1957, Ponte di Tappia, primo quadro, fronte via Toledo
1957, Ponte di Tappia, secondo quadro via P. di Tappia
1957, Ponte di Tappia, terzo quadro, via Bracco
1957,Ponte di Tappia, quarto quadro, s. Tommaso d'Aquino.
Codice-Macedonio che non permette d'inquinarne il significato intellettualmente.
1957, l'opera in via G. Doria al Vomero:
sette grandi quadri esterni, uno per piano e le decorazioni dell'androne
1957, panoramica dell'androne a due livelli in via G. Doria
1957, particolare dell'opera nel piano basso dell'androne in via G. Doria
1957, secondo particolare dell'opera nel piano basso dell'androne.
via F. Doria
1957, panoramica delle sette opere esterne in via G. Doria.
1957, via G. Doria, primo quadro esterno, (primo piano).
1957, via G. Doria, secondo quadro esterno.
1957, via G. Doria, terzo quadro esterno.
1957, via G. Doria Quarto quadro esterno.
1957, via G. Doria, quinto quadro esterno.
1957, via G. Doria, sesto quadro esterno.
1957, via G. Doria, ottavo quadro esterno.
Come si può osservare da questa sequenza fotografica, man mano che si sale verso l'alto, i quadri assumono sempre maggior semplicità nelle linee e colori più accesi.
Questo per permettere all'osservatore di comprendere i concetti.
1958, opera all'E.M.P.I. al Chiatamone, (oggi A.S.L.).
l'opera è su di una parete interna della sala d'aspetto e smistamento le sue misure sono di quatto metri e quaranta per circa sei metri e cinquanta.
1958, particolare dell'opera all' E.M.P.I.
1958, 59, Pilastro a un ingresso in via A. Manzoni e due quadri nell'androne.
1958, via A.Manzoni, il primo quadro all'interno dell'androne.
1958, via A Manzoni, secondo quadro all'interno dell'androne
1959, quattro figure di una mastodontica opera in tutto tondo realizzata per l'intera facciata di un palazzo ai Ponti Rossi, Napoli. L'opera all'origine misurava mt. 12 di altezza per 14 di larghezza, montata su una struttura tubolare posta all'esterno dei balconi.
Fu poi smontata per motivi di sicurezza e restituita a Macedonio che riutilizzò le figure in differenti occasioni, come ben riporto ne: Il grande libro...
sistemate momentaneamente nel "giardino incantato" di casa Macedonio che
per tali ragioni assunse questo nome.
1959, Il deserto americano, grande opera di mt sei di larghezza per quatto di altezza
realizzato per un androne in via Bonito, Vomero, Napoli.
1959, La propagazione del suono, opera non figurativa in un androne di via A. Falcone,Napoli.
1960, Lungo fontanile in via Belvedere, Vomero Napoli.
1960, Ciò che disse Cummeo, particolare di un'opera in casa di Domenico Rea.
1960, Ciò che disse Cummeo, particolare di un'opera in casa di Domenico Rea.
dal1961, al 1976 in modo saltuario vi è la parentesi delle
opere in Gallipoli, Lecce, grazie all'arch. Enzo Perna.
bozzetto per un'opera a grandezza naturale in casa Torselli.
l'opera di cui non vi sono altre immagini è posta a fine corrimano
di una scala che conduce ad un vasto salone di rappresentanza.
spesso scambiata dai "grandi conoscitori delle ceramiche di Macedonio"
per l'opera posta anch'essa alla fine di un corrimano nel Cinema Orchidea,
ora facente parte di una collezione privata
1962, Complesso abitativo e commerciale in Corso Roma, Gallipoli, Lecce
per il tecnigrafo dell'arch. Enzo Perna.
le opere di Macedonio abbelliscono l'intera facciata dell'ingresso.
1962, Corso Roma,Gallipoli, Lecce, panoramica delle ceramiche
di Macedonio sull'intera verticale della facciata.
1963, il secondo dei tre quadri in via Michelangelo da Caravaggio.
1963, il terzo dei tre quadri in via Michelangelo da Caravaggio.
1963,Un pavimento in via S. Euframo vecchio, Napoli.
1964, la farmacia Sellitti, Riviera di Chiaja, Napoli.
Un'opera che ci parla della polio, intesa come ricerca medica
1965, un falso Macedonio dalla firma autentica, Ombrellificio Sessa, via Duomo, Napoli.
1966, espressione di un complesso concetto intellettuale, coll. privata, Napoli.
Le opere al Parco Vanna, via Jannelli al Vomero alto, Napoli dal 1966 al 1972,
1966, Il graffito perimetrale esterno al Parco Vanna, via Jannelli, Vomero alto, Napoli.
l'opera, divisa per ragioni di spazio in quattro segmenti guarda al futuro auspicando attraverso le immagini un futuro prospero.
le stesse immagini legano con il concetto intellettuale "magico" che Macedonio, esprime nell'intero parco, ricordo di scoperte e giovanili e avventure intellettive, avute in questo campo, ricordando che Macedonio prendeva dal suo presente i concetti da esprimere attraverso la ceramica.
1966, 1967, Parco Vanna, via Jannelli Napoli, opera in tre quadri all'interno del primo androne.
primo quadro.
Secondo quadro.
terzo quadro.
1068, Il guerriero e il cacciatore", un'opera dalla particolare filosofia in cui la figura è sdoppiata in due concetti, l'uno del cacciatore, a salvaguardia della specie e della famiglia, l'altro del guerriero a salvaguardia delle comuni proprietà ,
1968, la terza bugia, l'opera più piccola mai realizzata da Macedonio, ciononostante la filosofia che esprime è pari alla sua opera più grande
1970 Parco Vanna, via Jannelli, "Il centauro", opera nel secondo androne.
1970, 1973, Parrocchia di Casalvelino Marina, Salerno.
1970, "Il Cristo crocifisso, tuttotondo, altezza mt 250 circa, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1970, altare nella parte frontale in cui macedonio esprime la nascita di Adamo e Eva; Il peccato originario; la cacciata dal paradiso.
i sostegni laterali si esprimono invece attraverso il nuovo testamento, dando all'osservatore il concetto delle radici (attraverso il vecchio testamento) e il fiore attraverso il Vangelo.
1971, il fonte battesimale, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1971,'72,Parrocchia di Casalvelino Marina, due vasche di acquasantiera
1971,'72, il miracolo di Lazzaro, acquasantiera, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1971,'72, il miracolo dei pani e dei pesci, acquasantiera, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1971,'72, base d'appoggio per una statua lignea, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1971,'72, Candelabro Pasqualearrocchia di Casalvelino Marina,
1972, opera nel terzo e nel quarto androne. il drago ha un profondo significato che cambia secondo la civiltà che adotta quest'immagine.
1973, Via Crucis, Parrocchia di Casalvelino Marina,
1976, interno del Teatro Cinema Italia, Gallipoli
1976, gli attori, interno del Teatro- Cinema Italia, Gallipoli Lecce.
1976, le maschere, alla biglietteria del Cinema Teatro Italia Gallipoli Lecce.
1976, Macedonio pensa nel suo studio del Vomero
per ora ci fermiamo quì,
l'estensione continua mensilmente fino alla sua ultima opera realizzata nel 1986:Il paese di bengodi, vaso.
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